In corso le operazioni di voto in Senegal per il referendum più contestato della storia

In corso le operazioni di voto in Senegal per il referendum più contestato della storia

In diretta da Dakar. In Senegal si stanno svolgendo le operazioni di voto per un referendum che ha spaccato in due il paese…

Alle 8 di questa mattina i 12.381 seggi di tutto il territorio nazionale senegalese hanno iniziato nella calma le operazioni di voto, per permettere a più di 5, 5 milioni di elettori di votare in occasione del quarto referendum del paese. Costato 2,2 miliardi di Cfca (più di 3 milioni di euro).

seggi referendum votoMentre mi incammino di buon’ora questa mattina verso i seggi del quartiere popolare e periferico di Parcelles Assainies, un uomo mi ferma in strada: «la Presse?». Al mio sì, mi ha travolto un fiume di lamentele. «No, questo referendum non ha senso, tutto il paese è contro, non ci abbiamo capito niente e soprattutto qui abbiamo fame, è a questo che il governo dovrebbe pensare!», mi grida. Massamba Lasamba, così dice di chiamarsi l’uomo, interpreta l’umore e il pensiero della fetta di senegalesi che oggi non si recherà alle urne. Molto probabilmente tanti, o almeno sicuramente meno di quelli che avevano votato nei 3 referendum che si sono svolti in passato nel paese (più del 90% nel 1963, 1970, 2001).
Anche se è presto dirlo, l’affluenza delle prime ore di voto sembra essere infatti piuttosto bassa. Nei 16 seggi del Centro di Stato Civile di Parcelles Assainies dove mi sono recata, ciascuno con 773 iscritti, alle 10 del mattino aveva votato una media di 50 elettori.

Aziz Diagne è il supervisore del Centro:

  •     Supervisore Seggio Parcelles

 

Non ci sono stati problemi. I seggi hanno aperto questa mattina alle 8 come prevede il Codice elettorale, il materiale c’è e le forze dell’ordine sono presenti, per il momento tutto si svolge nella normalità. Per il momento come potete constatare non c’è affluenza. Durante le elezioni presidenziali c’erano gli elettori che facevano la coda davanti alle porte per votare, ma ora è quasi mezzogiorno e c’è calma piatta. Attendiamo di vedere nel pomeriggio…

Tra le persone che hanno votato, è sembrato fosse più il senso civico a dominare piuttosto che l’opinione politica o sul testo del referendum.

  •     Voci elettori

 

Uomo: io preferisco venire a votare perchè prima di tutto è un diritto civico, una cosa che tutti i cittadini devono fare. Ognuno ha il suo punto di vista sul proprio paese, io pure ho la mia concezione delle cose e ho voluto decidere come tutti i cittadini per il futuro del mio paese. Non ero d’accordo sul fatto che si svolgesse in questa data il referendum, ma siccome ormai è stato deciso non votare non va bene(…)..è un dovere di tutti i cittadini fare lo sforzo per capire il testo oggetto di referendum.

Donna1:Votare è un diritto, tutti i cittadini devono votare!

Donna2: Non va bene boicottare il referendum, bisogna votare per essere bravi cittadini, ogni cittadino deve votare!

Ma facciamo un passo indietro: in che cosa consiste il testo di quello che si presenta come il più controverso e contestato referendum della storia del Senegal? 

I senegalesi sono chiamati a esprimere il loro parere su un Testo di revisione costituzionale di 15 punti, attraverso la modifica di 18 articoli. Tra questi, fondamentale è l’articolo 27, che riduce il mandato presidenziale da 7 a 5 anni, riconferma che non si possanno effettuare più di due mandati esecutivi e introduce il principio secondo cui tale articolo non potrà più essere oggetto di revisione. L’articolo seguente introduce invece l‘età massima dei candidati alla presidenza a 75 anni. Gli altri punti della riforma riguardano il rafforzamento dello statuto dell’opposizione e la possibilità di riconoscerne un capo, la facoltà dei candidati indipendenti di candidarsi alle elezioni, il riconoscimento di rappresentanti all’Assemblea Nazionale da parte dei cittadini senegalesi all’estero, la costituzionalizzazione del principio di decentralizzazione (con l’introduzione tra l’altro di una nuova istituzione: l’Alto Consiglio delle collettività territoriali), l’estensione di libertà, diritti e doveri dei cittadini attraverso la loro implicazione nella protezione e gestione delle risorse ambientali (terra e foreste) e l’intangibilità della laicità, il rafforzamento dell’azione dell’Assemblea Nazionale (in merito al controllo dell’operato del governo e alla facoltà di designare dei giudici costituzionali) e del Consiglio Costituzionale, che passa da 5 a 7 giudici, e a cui il governo sarà obbligato di sottoporre le leggi organiche (quelle che creano delle istituzioni) prima della loro promulgazione. Visto nell’insieme e a un primo sguardo, nel testo di proposta di revisione vengono rafforzati i diritti dei cittadini, delle istituzioni e dell’opposizione, mentre viene ridotto il potere del Presidente della Repubblica, sancendo grandi passi verso il rafforzamento della democrazia in Senegal. Soprattutto in un continente in cui tanti sono i presidenti africani che hanno anche recentemente soppresso il numero dei mandati presidenziali per potersi mantenere al potere. La promozione della democrazia è sempre stato uno dei cavalli di battaglia del presidente della Repubblica attuale Macky Sall, e la riduzione del mandato presidenziale a 5 anni, era la promessa fatta in campagna elettorale al popolo, alla società civile e a tutti gli altri partiti che alle elezioni presidenziali del 2012 lo hanno sostenuto al secondo turno contro Abdoulaye Wade, permettendogli di vincere.

Cosa ha scatenato allora tanta polemica e opposizione, proprio e soprattutto tra i movimenti e la società civile avevano sostenuto Macky Sall quattro anni fa?

I problemi sono molteplici, e di due ordini: uno puramente politico e l’altro relativo al testo di revisione referendum 20 marzoproposto.
Dal primo punto di vista, quello che gran parte della società civile non ha proprio potuto digerire è stato che Macky Sall non abbia mantenuto la promessa fatta: se infatti il referendum prevede la riduzione del mandato a 5 anni, il provvedimento esclude il suo mandato in corso. Macky Sall in questo modo resterà al potere fino al 2019. L’iniziativa di revisione costituzionale sulla riduzione del mandato era infatti attesa da allora. E quando poco più di un mese fa il Consiglio Costituzionale, consultato da Macky Sall per chiedere un parere sulla sua volontà di ridurre il mandato in corso, ha dato un’opinione negativa, la sorpresa è stata grande, e l’indignazione e la rabbia di tanti è scoppiata.
Da quel momento il Capo di Stato ha dichiarato di essersi conformato in tutta responsabilità alle direttive del Consiglio Costituzionale, e di aver scelto la via referendaria fin dall’inizio proprio per consultare e rispettare la volontà popolare. Tuttavia, “Il fronte del No”, che si è poi subito creato, è stato unanime nell’accusarlo di wax waxeet (“smentirsi” in wolof), ovvero di aver tradito la parola data, così come aveva fatto Wade ripresentandosi nel 2012 per un terzo mandato consecutivo illegittimo. Secondo il fronte del No, infatti, se Macky Sall avesse avuto sinceramente la volontà di ridurre il suo mandato in corso, avrebbe potuto farlo: scegliendo di non sottoporsi all’avviso del Consiglio Costituzionale, optando di dimettersi o, ancora, di discutere il provvedimento per via parlamentare.
Il Presidente è inoltre accusato di aver fatto un forcing e aver accelerato il calendario per la consultazione popolare, fissando il referendum a una data troppo vicina per svolgere un’efficiente campagna elettorale e per far comprendere il testo della revisione alla popolazione. Riguardo al testo in sè, le polemiche ruotano intorno alla vaghezza dei provvedimenti, (che fanno pensare che l’impronta democratica del testo sia giusto una vetrina o una scatola vuota) e all’ambiguo articolo in cui si parla dell’elezione del presidente “a suffragio universale diretto e a maggioranza assoluta dei suffragi espressi” senza menzionare la possibilità dei due turni, (alcuni temono possa poi sopprimere il secondo turno, quello stesso che gli ha permesso di vincere contro Wade). Tra i contestatari c’è anche chi vede nell’estensione dei diritti del cittadino e dell’intangibilità del principio della laicità una volontà futura di riconoscere il diritto all’omosessualità.

Fronte del Sì e fronte del No

Fou Malade in campagna elettorale
Il rapper Fou Malade del movimento Y’en a Marre in campagna elettorale per il fronte del NO

Per tutti questi motivi il paese si è letteralmente spaccato in due. All’interno non solo della società civile, ma anche dei diversi partiti e delle stesse realtà, i Sì e i No hanno gettato il pomo della discordia. Voci dissidenti si sono levate all’interno della stessa coalizione di governo: come il segretario dell’Assemblea Nazionale, l’imam Mbaye Niang, e il sindaco socialista di Dakar, Khalifa Sall.
La maggior parte dell’opposizione, politica e civile, ha deciso di non boicottare il referendum, ma di costituire un “fronte del No”, attraverso la creazione di diverse coalizioni. Le principali sono “Gor Sa Wax Ja” (dal wolof, “la parola fa la dignità”), che riunisce alcuni partiti e leader politici come il Partito Democratico Senegalese (Pds, il partito dell’ex presidente Abdoulaye Wade) e l’influente ex sindaco di Thies e leader del suo partito Rewmi Idrissa Seck (candidato alle elezioni del 2012); e il Fronte “Naani Ban na”, nata dall’iniziativa della maggior parte dei movimenti e associazioni della società civile che aveva difeso la democrazia contro le derive dittatoriali di Wade nel 2012, come il Movimento 23 Giugno e Y’en a marre (Yem). Il giorno del lancio del fronte, coerentemente alla missione del movimento di ergersi guardiano della democrazia, il coordinatore di Yem Fadel Barro aveva dichiarato alla stampa: «molti compatrioti sono disgustati, credono che i politici siano tutti uguali. Ma bisogna mobilizzarsi come un solo uomo…la prossima volta, tutte le autorità ci penseranno alle loro promesse prima di farle. Così gli uomini politici si sforzeranno di rispettare la parola. Se, per amor del paese, Macky Sall no può presentare le sue dimissioni entro i 5 anni, che il popolo si dia la pena di votare No”».

Una breve e accesa campagna elettorale

Mai la campagna elettorale per un referendum era stata così breve e animata in Senegal. Nelle due settimane di propaganda che hanno preceduto il voto di oggi, a mobilitarsi, oltre ai politici e a esponenti di movimenti, sono stati anche artisti, cantanti e perfino lottatori.
Nel fronte del Sì si è schierato il celebre Youssou N’Dour (ex ministro della Cultura prima e del Turismo e Loisir poi sotto Macky Sall, attuale Consigliere del Presidente) e il rapper RedBlack (la cui canzone durante il processo elettorale 2012 “Na Dem” era lo slogan del movimento contestatario di Wade), che ha composto la canzone per il clip governativo “OUI! Macky“; nel Fronte del No, Y’en a marre ha invece diffuso su Youtube una canzone composta dai numerosi rapper aderenti e fondatori del movimento, “Senegaal Ban na” (“Il Senegal dice no”), mentre il rapper Xuman ha diffuso il single “Det ak det” (“No e no!”). Nelle manifestazioni nella banlieue di Dakar Guediawaye è sceso invece in piazza il celebre lottatore senegalese Balla Gueye 2. La propaganda e la discussione si è giocata anche i social network, soprattutto Facebook, nei profili del Presidente Macky Sall e per esempio Y’en a Marre.

Se Macky Sall e l’equipe di governo hanno battuto le principali località del paese per incontrare le popolazioni e le guide religiose islamiche (il cui parere conserva un’importante potere di influenza sui senegalesi), e riempito le arterie della capitale di manifesti per il “OUI”, le diverse coalizioni del “No” hanno organizzato manifestazioni, carovane, volantinaggi a Dakar e in tutto il Paese. In alcune città, a Nord (S.Louis, Louga, Thies) e a Sud del Paese (Ziguinchor e Kolda), così come nella città santa di Touba, si sono verificati scontri tra i partigiani del Sì e del No di diversi partiti, che hanno causato lo scoppio di colpi di arma da fuoco e decine di feriti.

Scenari futuri

Questo referendum è il più importante test di consenso per il presidente Macky Sall. Sia in caso di vittoria del Sì che del No potrà rimanere al suo posto fino alle consultazioni elettorali del 2019. In gioco, tuttavia, non c’è solo la sua carriera politica, ma anche quella di alcune personalità storiche politiche del paese, come ad esempio il segretario del Partito Socialista (Ps) Tanor Dieng, che lo stanno appoggiando.

I seggi chiuderanno oggi alle 18 locali. Seguite gli aggiornamenti su Afric(a)live.

 

 

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