Elezioni in Gambia/7. I magistrati della Corte Suprema non si presentano. Jammeh cederà il potere il 19 gennaio?
Mentre il presidente Yahya Jammeh continua a dichiarare di non voler cedere il potere il 19 gennaio, la maggior parte dei magistrati della Corte Suprema che avrebbero dovuto esprimersi sul suo ricorso circa i risultati delle elezioni non si sono presentati. Possibili scenari.
Li aveva nominati lui stesso, questi cinque giudici. E neanche tra i suoi compatrioti, preferendo invece scegliere dei sierra-leonesi e dei nigeriani. Che, pare, non si siano nemmeno tutti presentati ieri alla seduta della Corte Suprema di Banjul, che avrebbe dovuto decidere se Jammeh avesse ragione o no a contestare i risultati i risultati delle elezioni del 1 dicembre che lo hanno dato perdente a favore della vittoria di Adama Barrow. Una mossa, da parte dei giudici, dettata da forte senso etico, o forse, come si insinua sulla stampa senegalese, dovuta alle pressioni della Cedeao. I giudici presenti hanno dunque deciso di rinviare la decisione a maggio, data in cui il presidente della Corte ha fatto sapere di essere disponibile: peccato che l’ultimo giorno di mandato di Jammeh sia ufficialmente il 18 gennaio.
Morale, in sostanza poco è cambiato rispetto a quel 9 dicembre sera in cui il dittatore del Gambia ha dichiarato di non accettare più gli esiti delle urne, una settimana dopo averli accettati. Salvo il fatto che è sempre più evidente che Yahya Jammeh sembra non avere più alcun sostegno, da nessuna parte, e che non riesca più non solo a frodare, ma neanche a corrompere o a far paura. Jammeh ha iniziato il nuovo anno cercando di comprarsi i militari, convincere inutilmente la Chiesa gambiana a schierarsi dalla sua parte, chiudere quei pochi media del paese che non dicono quello che vuole lui, e, giusto il 9 gennaio, licenziare il Ministro della Comunicazione e 11 ambasciatori, perché avevano cercato di convincerlo a desistere dai suoi intenti. Segnale che ormai, nemmeno tra i suoi ha più influenza.
La Cedeao, che si è riunita ancora lunedì per discutere sulla crisi gambiana, e che da sempre dichiara di non escludere un intervento militare, avrebbe dovuto recarsi oggi una nuova volta a Banjul per cercare di convincere diplomaticamente Jammeh a ritirarsi il 18 dicembre, suo ultimo giorno di mandato (dopo quel 13 dicembre in cui la delegazione Cedeao aveva fallito nei suoi intenti). Il “padre -padrone” del Gambia ha dichiarato di non poterli ricevere oggi, e ha rinviato la visita a venerdì 13.
Cosa succederà allora tra il 18 e il 19 gennaio in Gambia? Il popolo gambiano si sbarazzerà finalmente di un’eccentrica dittatura già troppo durata o ne rimarrà di nuovo ostaggio?
Anche se l’imprevedibilità che ha sempre caratterizzato le iniziative di Jammeh lasciano sempre spazio a nuovi colpi di scena, si possono comunque azzardare due scenari.
Da una parte Jammeh potrebbe cedere se capisse che anche i suoi più stretti e importanti collaboratori non sono più con lui (la guardia presidenziale e il capo dell’esercito sono stati molto ambigui nell’ultimo periodo, anche se quest’ultimo sembra aver ribadito fedeltà a Jammeh) o se la Cedeao gli proponesse qualche compromesso che gli permetta di uscire di scena illeso e protetto dalla Corte Penale Internazionale se Adama Barrow decidesse poi di reintegrarvi il Gambia. Secondo la stampa senegalese, sembra che Jammeh stesso abbia già posto proprio queste condizioni per lasciare il potere, in modo anche piuttosto arrogante e pretenzioso.
Titolando così si vuole essere ottimisti, e pensare che l’inizio del 2017, almeno in questo piccolo angolo d’Africa, inizi positivamente. E che la fine di una delle dittature che ancora attanagliano il continente diventi realtà.