Referendum in Senegal: risultati definitivi e reazioni
Vince ufficialmente il SI con il 62,7% dei voti. L’affluenza si attesta invece al 38,26%.
I risultati del referendum del 20 marzo sono stati annunciati il 23 marzo dalla Commissione nazionale per il censimento del voto (Cnrv), e dovranno ora essere convalidati dal Consiglio Costituzionale.
Ma nel Paese sono già scoppiate durante tutta la settimana scorsa animate reazioni.
Nel fronte del NO le proteste sono si sono levate nelle diverse coalizioni. Quella che riunisce la società civile, Naani Banna, ha definito questo referendum una “mascherata”, durante la quale sono stati violati i principi democratici che regolano le elezioni trasparenti: quelle tra i diversi candidati e così come nella propaganda della campagna elettorale, durante la quale hanno notato una presenza sistematica del OUI nella Tv pubblica e sui cartelloni che inondavano la città di Dakar.
A insistere su questo argomento è stato anche Idrissa Seck, ex sindaco di Thies ed ex candidato alle elezioni presidenziali del 2012, che in un’intervista rilasciata all’ Observateur (il quotidiano più acquistato in Senegal, parte del gruppo mediatico Future Media del cantante e attuale ministro consigliere Youssou Ndour) il 23 marzo, si è rammaricato di come «sia stata intaccata l’esemplarità della democrazia senegalese» in occasione di questo referendum, caratterizzato da «precipitazione e mancanza di concertazione con l’opposizione», da parte di un governo «che ha preso alla sprovvista l’opposizione e il popolo», e «che ha ricattato direttamente sindaci, eletti e notabili in tutto il Paese». Pesanti accuse da parte dell’oppositore, che ha ribattezzato inoltre il canale pubblico senegalese Rts (“Radio Televisione Senegalese”), Radio Television Sall, e accusa infine il presidente di acquisto di coscienze.
Tale accusa, agitata anche alla fine della campagna elettorale, è stata ripresa dagli altri compagni di Idrissa nella coalizione del fronte del No Gor Ca Wax Ja, come i militanti del partito dell’ex presidente Abdoulaye Wade, il Pds (Partito democratico senegalese), che non hanno riconosciuto i risultati e hanno denunciato il presidente e l’equipe governativa di aver distribuito riso e soldi alla popolazione durante la campagna elettorale.
L’opposizione istituzionale, invece, insieme ai dissidenti della maggioranza al governo (come il ribelle sindaco socialista di Dakar, Khalifa Sall), hanno puntato a mostrare la sconfitta politica del presidente Macky Sall, che si palesa attraverso il forte astensionismo, per fare poi appello a serrare i ranghi per continuare un’opposizione reale.
Dal fronte del OUI sono gli esponenti del governo a difendere quello che reputano dei buoni risultati. E se il ministro degli Interni Abdoulaye Daouda Diallo ha motivato la scarsa affluenza alle urne (rispetto ai 3 precedenti referendum nel paese in cui il tasso di partecipazione era stato superiore al 90%) per motivi tecnici (dovuti al problema dal passaggio alla carta di identità nazionale numerica e al guasto del macchinario della Direzione dell’Automatizzazione delle liste elettorali), l‘ex Primo Ministro ed ex guardasigilli Mimi Touré ha paragonato nella stampa locale il risultato senegalese a quello francese, preso come indicatore di «un popolo che sa votare, di un’antica democrazia»: Mimi Touré ha affermato infatti che, in Francia, il passaggio del mandato presidenziale da sette a cinque anni nel 2000 era passato con circa il 30% dei voti.
Mimi Touré ha infine richiamato all’ordine la società civile, invitandola a tornare a compiere il ruolo che gli è dovuto, ovvero quello di mediatore equidistante tra le diverse parti al potere: «sfortunatamente» – ha dichiarato – «una parte di questa si è mischiata nel gioco politico e ha imparato ora la lezione a sue spese».