Nuovo S.O.S della democrazia in Africa: crisi in Gabon e in Congo

Nuovo S.O.S della democrazia in Africa: crisi in Gabon e in Congo

Ali Bongo è appena stato confermato vincitore in Gabon, mentre Joseph Kabila sta trascinando il Congo in una nuova fase di violenze. Nonostante il rafforzarsi della società civile africana e le apparenti istituzioni democratiche, i tiranni d’Africa non mollano la presa. Fino a quando? 

manifestazione per la democraziaMesi fa avevo parlato su questo blog e su Nigrizia di una probabile prossima primavera africana, vista la sempre maggiore sete di democrazia reale dei popoli dei diversi paesi africani, la nascita di movimenti civici strutturati un po’ dappertutto e l’esempio della vittoria del sollevamento popolare in Burkina Faso e, in parte, in Senegal. Per lo meno, questo era l’augurio.

Quando scrivevo, ci si preparava a una stagione di elezioni in molti paesi dove gli abusi di potere dei propri governanti sono tra i più gravi e lampanti.

Al giorno d’oggi, il bilancio di quanto successo finora è alquanto triste: se del fatto che ad aprile Denis Sassou Nguesso abbia giurato fedeltà alla Costituzione dopo 32 anni di potere, e che poco dopo il suo omologo ciadiano Idriss Deby Itno sia stato confermato presidente dopo 25 anni di governo l’avevamo già annunciato, gli aggiornamenti riguardano il Gabon e la Repubblica Democratica del Congo.

In Gabon, la Corte Costituzionale gabonese ha convalidato venerdì notte scorso la vittoria delle elezioni del 27 agosto di Ali Bongo (57 anni) con il 50,66% dei voti, contro il 47,24% di quelli del candidato dell’opposizione Jean Ping. L’esponente della dinastia Bongo, (la più longeva del continente africano installata dal padre dell’attuale presidente Omar Bongo nel 1967), continuerà a governare il paese attraverso la repressione di qualsiasi dissenso. Se oggi nel paese regna una calma precaria, le violenze erano scoppiate all’indomani delle elezioni, quando è stato proclamato vincitore Ali Bongo con il 49,80% di voti. In seguito alle proteste di Jean Ping e alle accuse di frode (nella provincia roccaforte di Ali Bongo sarebbe andato a votare il 99,93% degli aventi diritto, contro una media nazionale di partecipazione alle urne del 59,4%, come dire che solo 50 persone sui 71.714 abitanti non si sono recate alle urne), la repressione del governo sui sostenitori di Ping ha causato almeno 5 morti (tra cui uno studente di 27 anni). A quel punto Jean Ping, ha scelto di utilizzare la via legale e chiedere ricorso alla Corte Costituzionale per contestare i risultati e chiedere una verifica del conteggio.

Sul fronte internazionale, davanti all’iniziale presupposta vittoria di Bongo con uno scarto di poco più di 5.000 voti, la diplomazia francese aveva lanciato messaggi per incoraggiare la calma nel paese (così come le Nazioni Unite) e aveva effettivamente messo in dubbio la veridicità dei risultati, l’Unione europea, che aveva già inviato degli osservatori, ha chiesto alla Commissione gabonese la pubblicazione dei risultati di ogni seggio. L’Unione Africana, dal suo canto, era pronta a mandare una missione in Gabon, che è stata rifiutata dal governo del paese. Sabato scorso il ministro degli Affari Esteri francese Jean-Marc Ayrault ha reiterato i dubbi sui risultati attuali, contestati tuttora da Ping. Nel paese, la connessione a Internet è stata interrotta. La situazione nel paese può esplodere e degenerare da un momento all’altro.

Intanto in Repubblica Democratica del Congo (Rdc), Joseph Kabila (44 anni, al potere dal 2001 da dopo l’assassinio del padre Laurent Kabila), invece di prepararsi alla fine del suo secondo e ultimo mandato come previsto costituzionalmente per novembre, ha agito per un anno al fine di far slittare il calendario elettorale con pretesti di natura tecnica: cosa che gli permette di restare al potere fino al giuramento al nuovo appello alle urne. A creare le tensioni in Rdc, non è ormai neanche più il fatto di impedire che le elezioni siano rinviate (cosa contro cui l’opposizione e la società civile lottava già da tempo), ma quello di capire se effettivamente resterà Kabila al potere in caso di vacanza di potere e se si ricandiderà illegalmente. La situazione ha provocato una nuova ondata di violenze nel paese: numerose sono le giovani vittime degli scontri tra la polizia e coloro che reclamano la fine dell’era Kabila.

Di fronte a tale messa in scena teatrale tragi-comica tutta africana, dove il protagonista è la maschera della Democrazia abbigliata da istituzioni e leggi mai rispettate, e dove la potenza repressiva violenta dei dirigenti autoritari continua a essere più forte della sete di giustizia della società civile, quali prospettive per l’Africa? Il copione continua a ripetersi tristemente invariato o qualcosa inizia a cambiare?

«L’ingerenza africana. È questa la novità: è la prima volta che l’Unione Africana (Ua) o singoli dirigenti africani agiscono in modo così invasivo sugli affari di altri paesi del continente. Vegliare e agire per il rispetto delle istituzioni e dei diritti democratici è sempre stato un compito previsto dall’Ua, ma finora non si era mai mossa attivamente. In Gabon, non solo ha inviato una missione di osservatori, ma ha manifestato l’intenzione di inviarne un’altra per la verifica dei risultati. In Rdc, l’Ua si è immischiata nel dialogo politico, mentre il presidente del Botswana Seretse Ian Khama ha pubblicamente dichiarato che Robert Mugabe debba finalmente lasciare il potere», è l’opinione di un collega giornalista senegalese, Amayi Badji.

Che l’ipocrisia e la farsa della democrazia si infiltri nell’Ua lo si sa: il presidente in carica, che voleva guidare la missione di mediazione in Gabon, è proprio il ciadiano Idriss Deby. Che l’Ua sia spesso e volentieri finanziata dall’Unione Europea e che subisca le influenze di quest’ultima e della Francia pure è noto. Ma, chissà, che pian piano, anche l’Ua inizi ad acquisire la sua autonomia. È una delle tante cose da sperare per l’avvenire del continente.

 

Per approfondimenti, vai alla rubrica Africtivistes nello speciale Movimenti e società civile
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Africa 2016, anno di elezioni e mobilitazioni: verso una primavera sub-sahariana?
Quale futuro per la democrazia in Africa?
Denis Sassou Nguesso ancora presidente in Congo dopo 32 anni di potere

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